domenica 26 gennaio 2014

Brunate, ultimo approdo (In occasione della giornata della memoria)


Ricordo ancora che faceva freddo quel dicembre. Ricordo la confusione, le raffiche di mitra. Rivedo il corpo di Gino, steso sulla piazza del paese con le braccia larghe come un Cristo sulla croce. Ricordo gli ordini dei soldati tedeschi: ordini perentori, violenti, disumani. Ricordo mio padre rassegnato e ricordo l’ultimo sguardo di mia madre.
       Maria non voleva che guardassi. Non voleva lasciarmi vicino alla grata dello scantinato dove ci eravamo nascosti. Continuava a tirami indietro facendomi ogni volta perdere l’equilibrio sui sacchi di farina sottratti agli ammassi e accatastati sotto la piccola feritoia da cui assistevo inerme.
       I miei occhi di bambino non capivano bene cosa stesse accadendo, ma nel fondo dell’anima, era tutto chiaro. Non avrei più rivisto la mia famiglia viva. Solo nei miei sogni si sarebbe ricomposta, come in un puzzle le cui tessere sbiadiscono con l’approssimarsi del mattino.
      Ricordo che non riuscivo a staccare le mani dalle sbarre di quella finestra che mi tenevano lontano dai miei genitori, al sicuro e solo. Maria, La figlia del commissario prefettizio, piangeva e mi pregava di staccarmi da lì, ma io non ci riuscivo.

venerdì 24 gennaio 2014

La luna rapita (un racconto per bambini)



Gino il falegname amava così tanto la sua bambina che non sapeva come dimostrarle il suo affetto smisurato, e per questo non riusciva ad essere felice.
All’alba di ogni mattina, prima di scendere in bottega, passava nella camera della figlia Michela e la guardava dormire serena. Le accarezzava i capelli dolcemente e restava lì, seduto sul bordo del letto, a fissare la sua piccola per un paio di minuti buoni. Alla fine si decideva a lasciare la cameretta per portarsi in cucina e consumare una frugale colazione.

martedì 21 gennaio 2014

Non chiamatemi Pasqualina

Uscì dalla siepe col manubrio della bicicletta storto, i vestiti strappati e i capelli scompigliati. Sul viso un’espressione indifferente come se nulla fosse accaduto. Invece l’avevamo vista tutti. Tutti avevamo visto che aveva ignorato la curva della ciclabile per infilarsi come un cartone animato tra i rovi. Ne era uscita mezza scorticata, ma aveva inforcato di nuovo il sellino, che s’era girato di 45 gradi su se stesso, e s’era rimessa a pedalare. Nessuno aveva detto nulla. Non ne avevamo avuto il coraggio. Ci limitammo a guardarci in faccia trattenendo a stento le risate. Lei se ne accorse e smise di pedalare.

domenica 19 gennaio 2014

Omicidio per gioco

Era giallo come un limone cotto dal sole. Era steso a terra con le braccia larghe e la faccia rivolta alle nuvole. Ed era morto.
     Era sicuramente un asiatico, forse un cinese, un coreano. Chissà. Il commissario Vincenzo Sangineto non sapeva distinguerli. A lui, quelle etnie, sembravano tutte uguali. Neppure i giapponesi sapeva riconoscere senza macchina fotografica appesa al collo.

sabato 18 gennaio 2014

Hollywood

Hollywood passava ogni mattina davanti all’ufficio postale di via Oberdan, e ogni mattina si soffermava a contare le persone incolonnate e inutilmente speranzose di sbrigare i propri affari senza dover perdere troppo tempo. La fila era sempre ben nutrita come al pranzo di ferragosto alla Casa di riposo.