giovedì 28 gennaio 2016

Marcos y Marcos presenta Hakan Güday autore di "Ancóra"

Hakan Günday  
Writers festival 
Frigoriferi milanesi, via Piranesi 10
dal 29 al 31 gennaio


Sabato 30 gennaio Hakan Günday, “l’enfant terrible” della letteratura turca, inizia il suo tour in Italia  partendo da Writersper presentare il suo nuovo romanzo ANCÓRA - in libreria dal 28 gennaio.
Dopo A con Zeta, con Ancóra Hakan Günday entra nel tema più scottante della sua terra e del mondo raccontando, dal punto di vista di un trafficante bambino, il commercio dei migranti nell’Egeo. 

Il magnifico romanzo vincitore del Prix Médicis…Cinquecento pagine che somigliano a un urlo ininterrotto.  Giorgio Fontana, Domenica Il Sole 24 ore
Giovane talento, che usa, santamente, la letteratura come esplosivo, per mettere a nudo le viscere marce del mondoDomenico Quirico, Tuttolibri - La Stampa

SABATO 30 GENNAIO ore 19.30
Hakan Günday in dialogo con Fabio Geda
presenta Ancóra
legge Vincenzo Costantino


Daha, ancóra: è l’unica parola turca che conoscono i migranti clandestini. Ancóra acqua, ancóra pane, ancóra speranza. Viaggiano nel cassone di un camion per monti e deserti, verso la costa turca dell’Egeo. Lì entra in gioco Ahad. Carica i migranti sul furgone, attraversa il bosco e li nasconde sottoterra, nella cisterna del suo giardino. Attendono lì, per settimane, sognando la Grecia. La cisterna è buia e spoglia, la governa un tiranno bambino: Gazâ, il figlio di Ahad. Cresciuto senza madre tra trafficanti di uomini, ha ricevuto un’unica lezione di vita: sopravvivi. E il suo cervello è diventato più veloce del suo cuore. Gazâ è un piccolo genio, sogna di studiare al liceo, all’università. Ma tra lui e i suoi sogni c’è di mezzo Ahad, padre padrone. È la cisterna, la sua scuola; Gazâ, scienziato in erba, studia il comportamento delle persone in cattività. Una notte di pioggia cambia tutto. Il furgone di Ahad esce di strada, i clandestini muoiono a decine nel precipizio. Gazâ vede l’inferno con i suoi occhi e non vuole più saperne dell’umanità. C’è una voce chiara, tuttavia, che lo chiama, dal profondo della sua mente. È la voce di Cuma, clandestino afgano, amico perduto. Dalle sue mani ha ricevuto l’unico bene al mondo che gli sia caro: una rana di carta. Con quell’origami in tasca, sempre tra le dita, con quella voce in testa, Gazâ cerca una via per la rinascita. Sarà questa rana, verde e salterina, a indicargli la strada.

Il viaggio di un bambino cresciuto troppo in fretta alla ricerca dell’innocenza perduta. Un romanzo travolgente sulla schiavitù moderna, sulla necessità di sapere, e sperare ancóra, lottare ancóra.

Hakan Günday, nato a Rodi nel 1976, ha sangue turco e sguardo europeo. Figlio di diplomatici, cresce spostandosi da una città all’altra, per poi approdare a Istanbul, dove adesso vive. A ventitré anni, invece di varcare il portone dell’università, comincia a trascorrere le giornate al caffè di fronte e scrive il suo primo romanzo. Da allora ne ha scritti otto, diventando in Turchia l’autore che tutti gli editori vorrebbero pubblicare, perché è un mito tra i giovani e campione d’incassi in libreria. Racconta storie a tinte forti con stile vivo e fulminante, con passione cocente e sensibilità delicata. Tra incroci inediti di Oriente e Occidente, Hakan Günday coglie la vita in situazioni estreme, stagliandosi come una voce nuova e forte dell’Europa più giovane che cambia. Dopo A con Zeta, celebrato come miglior libro del 2011 in Turchia e tradotto in diciannove lingue, Ancóra affronta il tema scottante dei migranti ed è in corso di pubblicazione in tutto il mondo. In Francia è stato il caso letterario dell’autunno 2015 e ha vinto il prestigioso Prix Médicis.

sabato 23 gennaio 2016

Senza sonno


È stata una notte di merda. Quasi non ho chiuso occhio. Sarà stata la focaccia farcita della sera prima, ripiena di mozzarella e prosciutto, che mi procura sempre una sete da disperso nel deserto. O la giornata, un po’ così, che ho passato nella speranza che accadesse qualcosa che non è accaduto. Mi sono coricato nel letto alla una e trentacinque minuti, ho preso sonno quasi subito, solo il tempo di fare il segno della Croce. Non che sia un credente praticante, ma se non mi segno e blatero una specie di preghiera, ogni volta che mi sdraio, mi è impossibile chiudere gli occhi. Io la chiamo la sindrome del commesso. Immaginatevi il commesso di un negozio che, giunto alla fine dell’orario di lavoro, se ne va a casa senza chiudere la cassa. Per me è un po’ così. Negli anni è diventato un rituale che mi è rimasto appiccicato addosso dall’infanzia. Retaggio di un’educazione cattolica convenzionale. In realtà, quando ero molto piccolo, e mio padre era via quasi tutta la settimana per lavoro e abitavamo in una casa che era una scatola di sardine, mia madre mi metteva a dormire nel letto con lei e mi raccontava sempre qualcosa su Gesù che si chiudeva poi con una preghiera. Quando nacque mio fratello, e prima che cambiassimo casa, metteva nel lettone anche lui. Il Gesù che raccontava mia madre era diverso da quello che raccontavano le suore e i preti all’asilo. O almeno a me sembrava diverso, era il personaggio buono di una storia, un po’ più di Pinocchio e un po’ meno di Superman.
Mia madre non era una donna particolarmente religiosa, mio padre neppure e io sono cresciuto come loro. Da bambino però mi costringevano ad andare a messa, che ogni tanto bidonavo per correre a vedere la partita di calcio dei ragazzi più grandi di me al campetto dell’oratorio lì vicino. Ho frequentato anche il catechismo e ho fatto la comunione e la cresima e molti anni dopo mi sono anche sposato in chiesa.
Intorno ai sette o otto anni ho avuto una crisi mistica. I miei, un’estate, su consiglio del medico,  mi avevano spedito in una colonia in Liguria, a San Remo. Colonia fra l’altro gestita da suore. Io non ci volevo stare, prima che spegnessero le luci degli enormi cameroni e ci minacciassero di metterci a dormire, pensavo a casa e mi veniva sempre il magone. Sentivo qualche altro bambino singhiozzare, forse anch’io ho versato qualche lacrima, ma non me lo ricordo più. Ad ogni modo, fu in quella colonia che decisi di fare come Gesù e di aiutare gli altri. Un giorno mi convinsi che un bambino stava per affogare in mare, io mi tuffai con il salvagente di Goldrake e tentati di salvarlo, ma lui, colpito dalla mia generosità, quasi mi strappò un occhio e mi bucò il salvagente con un’unghiata.
Volevo essere buono come Gesù, ma non volevo fare il prete e pregavo affinché non mi arrivasse nessuna chiamata diretta da Dio. Il vecchio parroco, che a scuola veniva a insegnarci religione, ci diceva sempre che Dio, se avesse voluto, ci avrebbe premiato col dono della vocazione. Nel mio immaginario la vocazione era una specie di chiamata interurbana che mi avrebbe svegliato nel cuore della notte, magari squarciando il soffitto, vomitandomi addosso una luce accecante, nella quale la voce potente di Dio mi avrebbe detto, a chiare lettere e senza possibilità di contrattazione, che avrei dovuto dedicare la mia vita a lui. Per me era un’ansia.
Pregavo e dicevo: «Gesù, Dio… Voglio essere buono, ma ti prego… Ti prego, non chiedermi di diventare prete». Per una volta fui ascoltato.
Intorno ai diciotto anni dissi a mia madre che forse ero ateo o agnostico: «Forse più agnostico che ateo…» le dissi, come se la cosa non avesse alcuna importanza. Lei quasi si mise a piangere, mio padre, quando lo seppe, si sfilò la cintura dei pantaloni e mi minacciò di darmele come quando mi minacciava da piccolo se ne combinavo qualcuna.
Quando tre anni fa è morta mia madre, mi sono chiesto se lei, durante l’anno di terapie, credesse ancora in Dio. E se ci credeva chissà cosa gli chiedeva la notte in ospedale. Cosa chiedeva a Dio quando il buio e la paura le penetravano l’anima fino al midollo, mentre i neon pallidi e tremolanti del reparto di oncologia mandavano flebili segnali, quando le luci di una città si accendevano negli appartamenti e nelle strade ancora leggermente trafficate e lei poteva vedere questo sfolgorio sbiadito solo dal riquadro di una fredda finestra? Non lo saprò mai.


E comunque questa notte è stata di merda. Alle cinque e mezza ho aperto gli occhi mi sono girato cento volte sotto le coperte. Sentivo mia moglie respirare male a causa del raffreddore, mia figlia, nella culla accanto al nostro letto, dormiva anche lei un sonno un po’ agitato e ogni tanto chiamava Dart Fener. Al momento, colpa del fratello, è presa male con Star Wars. Mio figlio maggiore, invece, dormiva il sonno dei giusti: dei giusti e dei pigroni. Il sabato non ha scuola e prima delle nove e mezza o dieci non si sarebbe mai alzato. Io, invece, ho atteso ancora un po’. Poi quando i numeri rossi della radiosveglia digitale hanno segnato le sei in punto, mi sono alzato e sono andato in salotto. Ho preso il libro che sto leggendo e ho provato a mettermi sul divano. In quel momento è arrivata mia moglie e mi ha detto che doveva far cambiare l’aria ai locali della zona giorno del nostro appartamento, ho chiesto se poteva farlo dopo. Ha detto: «No! Non posso farlo dopo. Dopo si svegliano i bambini». Poi è tornata a letto ed io, dato che è gennaio, sono andato nello studio dove ho aperto il computer e ho iniziato a scrivere...




giovedì 21 gennaio 2016

XXII Trofeo RiLL


Aperte le iscrizioni al XXII Trofeo RiLL. C'è tempo fino al 21 marzo 2016 per prendere parte a questo importante concorso di narrativa. In palio, per i migliori racconti, la pubblicazione gratuita nella prossima antologia “Mondi Incantati” (edizione. Wild Boar). Inoltre, il racconto vincitore sarà pubblicato in Irlanda (sulla rivista Albedo One) e in Spagna (sull’antologia Visiones).



Antologia Mondi Incantati 2015


sabato 16 gennaio 2016

Revenant, dalla carta alla celluloide.

Con un tempismo perfetto Giuseppe Novellino ci propone la recensione del libro di Michael Punke, "Revenant", edito, nella versione italiana, da Einaudi. Non è un caso se propone questa recensione proprio oggi, 16 gennaio 2016. Oggi, infatti, in molte sale cinematografiche della nostra penisola esce anche l'omonimo e atteso film diretto dal regista Alejandro Gonzalez Inarritu e interpretato magistralmente dall'attore Leonardo DiCaprio, nonché vincitore dei Golden Globes.


Recensione 
di Giuseppe Novellino

REVENANT
di Michael Punke


Una storia all’aria aperta: tanto che, alla fine della lettura, ti senti la faccia arrossata e screpolata, come dopo una giornata trascorsa in montagna. E oltretutto fai fatica ad abbandonare la sensazione di esserne uscito vivo per miracolo.
Al di là dell’iperbole sull’identificazione di chi legge, il racconto di Michael Punke esercita una forte attrazione e riesce davvero a coinvolgere. Lo scenario è quello delle immense distese del South e North Dakota e del Wyoming, lungo l’alto corso del Missouri, tra pianure sconfinate dove pascolavano numerose mandrie di bisonti, ruscelli gorgoglianti, macchie di pini svettanti  e rocce biancastre rivestite di aspra vegetazione. Insomma, è la terra sei Sioux, degli Arikara, dei Crow, degli Araphao e degli Cheyenne: uno de teatri più classici dell’epopea western.

È la storia vera, ma un po’ romanzata, di Hugh Glass e di come consumò la sua vendetta. Lui è un trapper (cacciatore e trafficante di pelli), originario dell’East Coast con dei trascorsi nella marina mercantile dei nuovi Stati Uniti d’America. Si è messo al seguito di un gruppo di suoi simili per una missione di caccia lungo le rive del Missouri e del Grand (suo affluente), per conto della Rocky Mountain Fur Company, organizzata e diretta da William H. Ashley. Scopo secondario della spedizione è quello di dare un contributo alla ricerca di un passaggio tra le Montagne Rocciose, così da consentire un più agevole e terrestre collegamento fra gli stati dell’Est e la California.

Siamo nella tarda estate del 1823. La cosiddetta pista dell’Oregon non è stata ancora aperta e il pionierismo è  nella sua prima giovinezza. Sulle rive del Grand, Hugh Glass viene assalito da un grizzly e rimane orrendamente ferito. Così i compagni, non potendo portarselo appresso per il resto del viaggio, decidono di affidarlo a due di loro perché lo assistano nella sua agonia e gli diano una degna e cristiana sepoltura. Solo che uno dei due, certo John Fitzgerald, è un balordo di primo pelo. Convince il giovane Jim Bridger ad abbandonare Glass dopo averlo spogliato di tutto il necessario per sopravvivere, compreso l’ottimo fucile Anstadt. Così, al povero ferito non rimane altro che affidarsi alla fortuna, ma soprattutto alla tenacia e alla voglia di sopravvivere. Comincia un’odissea fra stenti e incredibili sofferenze. Si ciberà di carne cruda sottratta ai lupi e di bacche, dovrà evitare sgradevoli incontri con serpenti a sonagli e altri animali pericolosi, ma soprattutto dovrà stare alla larga dai temibili Arikara, da molto tempo sul piede di guerra contro gli esploratori bianchi e i militari che costruiscono nuovi avamposti tra il Missouri e le Montagne Rocciose.
Finalmente raggiunge Fort Brazeau e si organizza per consumare la sua vendetta. Quello che segue è il resoconto di altre pericolose avventure in terre selvagge, mentre cala l’inverno e i monti e le pianure si coprono di neve. Ma non possiamo raccontarlo.

L’opera si legge d’un fiato e lascia la netta sensazione di avere provato in qualche modo quei disagi e quei pericoli. Con una prosa funzionale, resa efficace da una accurata traduzione, l’autore fa rivivere una delle stagioni dell’epopea western, quando i territori dell’Ovest non avevano ancora subito le trasformazioni e le violazioni attuate dai bianchi. Ma il libro è anche un’occasione per esplorare l’animo umano, per indagare sulle sue possibilità di sopravvivenza in una terra ostile, sulla vita e sulla morte. In effetti il vecchio West può essere considerato un laboratorio dove l’uomo ha potuto confrontarsi con se stesso e con una natura matrigna che non concede sconti. 
Una  costruttiva e piacevole lettura, non solo per gli appassionati del genere western.


Leonardo DiCaprio in una scena del film Revenant


venerdì 15 gennaio 2016

Arriva eMooks. Cos'è? Scopriamolo...

Era un po' che volevo pubblicare questo articolo che mi era stato recapitato, ma mi ero ripromesso di approfondire l'argomento. Purtroppo, non ho avuto il tempo materiale per effettuare una dettagliata ricerca. eMooks è un nuovo supporto per la fruizione dei contenuti testuali e non solo. Al momento non so se questa applicazione, se è corretto parlare di applicazione, stia avendo successo. Fatemi sapere cosa ne pensate... Questo Tom Bilota merita un'approfondimento...


eMooks

L’App che rivoluziona la lettura digitale

eMooks è un nuovo e innovativo sistema di lettura che trasforma i normali file e-book in un’esperienza bidimensionale composta da suoni, musica e parole. eMooks è un'applicazione gratuita che integra nei file e-book effetti sonori e colonna sonora, abbinati in modo automatico alle parole. La sound track e tutte le sonorità evocate nella lettura e sincronizzate al testo, conferiscono alla trama la reale sensazione delle ambientazioni evocate nella narrazione. I libri in versione eMook saranno in vendita direttamente da iBooks e si potranno tranquillamente scaricare come normali file e-book. Scaricando l’applicazione gratuita eMooks, però, gli stessi si potranno leggere anche come file sonori-testuali eMook. L’applicazione eMooks consente una lettura immediata e intuitiva, attraverso il testo a scorrimento con velocità regolabile, adattandosi così a ogni tipologia di lettura. La percezione del lettore rimane così inalterata, anzi facilitata grazie a un testo scorrevole che permette di interagire con il libro senza l'utilizzo delle dita. La velocità di scorrimento è regolabile con facilità attraverso il menù, permettendo così la lettura automatica senza sforzi. I file eMook, non vogliono sostituirsi al libro cartaceo, bensì vogliono essere una tipologia di lettura capace di “accelerare” la fantasia del lettore attraverso le percezioni uditive rendendo più vivo il mondo e-book.




martedì 12 gennaio 2016

Premio letterario

Opportunità per tutti coloro che amano cimentarsi con la scrittura. In particolare con la forma breve del racconto. Al via le iscrizioni al concorso Racconti nella rete 2016.

RACCONTI NELLA RETE 2016

Ha preso il via la XV edizione del Premio Letterario “Racconti nelle Rete”
Nato da un'idea del giornalista Demetrio Brandi, il Premio Racconti nella Rete è collegato al XXII Festival letterario LuccAutori. 

La quindicesima  edizione del premio letterario si sviluppa durante tutto l'anno sul sito www.raccontinellarete.it  dove gli scrittori possono pubblicare i loro racconti oltre che leggerli e commentarli. Numerosi sono gli appuntamenti con il premio e gli scrittori fissati nelle più importanti città italiane. Un calendario che trovate nel sito del concorso.
Si tratta di una vetrina d'autore. Possono partecipare al Premio tutti coloro che hanno un racconto inedito, oppure un soggetto per la sezione Corti. Racconti nella Rete vuole essere un'opportunità di espressione e confronto fra aspiranti scrittori più o meno giovani. In una sorta di agorà virtuale, tutti trovano infatti lo spazio privilegiato per dar voce alle proprie fantasie, memorie o sogni, per cimentarsi nella scrittura creativa e per saggiare il valore e la qualità del proprio lavoro, incontrando talenti sconosciuti o confrontandosi immediatamente con i diversi stili narrativi, generi e contenuti. E’ questo il momento in cui tutti, dal professionista al dilettante, hanno piena possibilità di espressione e uguale dignità di ascolto. E’ uno spazio democratico in cui si da possibilità di espressione a tutti coloro che lo desiderano.

Per partecipare basta registrarsi al sito www.raccontinellarete.it. Il racconto, a tema libero, non dovrà superare le cinque cartelle di testo: se l'elaborato sarà ritenuto interessante verrà subito inserito nel sito. Il termine ultimo ed improrogabile per l'invio del materiale è fissato al 31 maggio 2016.

I venticinque racconti scelti dalla giuria tecnica composta tra gli altri  dallo scrittore e poeta  Ennio Cavalli e dalla giornalista e scrittrice Chiara Lico saranno inseriti nell'antologia "Racconti nella Rete 2015" edita da Nottetempo. La presentazione in anteprima avverrà insieme alla proiezione del cortometraggio vincitore della sezione Corti in occasione del festival letterario LuccAutori in programma a Lucca nel mese di ottobre.

Nel sito www.raccontinellarete.it  si può vedere il cortometraggio “Acetone”.  Tratto dal soggetto di Marco Moroni, vincitore della sezione corti del premio letterario, è stato realizzato dalla Scuola di Cinema Immagina di Firenze per la regia di Giuseppe Ferlito.

Per informazioni:
Associazioni Culturale LuccAutori
Via A. Pucci 138/a 55049 Viareggio
Studio Brandi tel. 0584.961169 3356141086
info@raccontinellarete.it www.raccontinellarete.it

sabato 9 gennaio 2016

Marcia Funebre di Giuseppe Novellino

Quando ho dato vita a questo blog in maniera un po' sprovveduta, mi ero illuso che nel giro di pochissimo sarei riuscito a coinvolgere molti collaboratori che, come me, condividesero la stessa passione per la scrittura e la lettura. Il blog lo curavo poco e non mi ero preoccupato di guardarmi attorno. Nell'autunno passato mi sono trovato davanti a un bivio: o chiudere il blog o implementarlo, magari cercando di capire meglio la rete. Ho scelto questa seconda strada e ne sono contento perché, nonostante ci siano blog letterari molto più curati de I MIEI RACCONTI IN RETE, inizio, come un paziente pescatore, a raggomitolare la rete e a trovarci dentro qualche prezioso pesciolino. 
Giuseppe Novellino, ex insegnante e autore di diverse pubblicazioni, ha scelto proprio questo blog per offrire il suo contributo letterario. Lo ringrazio infinitamente. 
Come prima opera di Giuseppe pubblicheremo un racconto intitolato "Marcia funebre". E' bellissimo. Quasi un classico della narrativa di genere. Un racconto in pieno stile lovercraftiano. 

     
MARCIA FUNEBRE
di 
Giuseppe Novellino

Sul foglietto pieghevole era riportato il programma.
     Nel primo tempo avrebbero eseguito la Serenata per archi  op. 22 di Anton Dvorak e la Marcia Funebre opera postuma di Pier Germano Alodisio; nel secondo tempo la sinfonia K 201 di Mozart e il concerto per pianoforte e orchestra n°4 op.110 di Johann Nepomuk Hummel. Malinconia evocatrice, delicata leggerezza, chiaroscuri romantici e visioni d’oltretomba: il tutto affidato allo'rchestra sinfonica “Gli Armonici”, diretta da Klaus Hoppinskj, e al pianista Goffredo Terzigni.

lunedì 4 gennaio 2016

La verità nei libri... da "Occidente per principianti" di Nicola Lagioia

Nei giorni scorsi mi sono addentrato fra gli scaffali di una biblioteca della mia zona alla ricerca di qualche libro da sfogliare e col quale passare qualche piacevole ora. Ero partito da casa con il desiderio di recuperare il primo volume della trilogia di Knausgard "La morte del padre", ma il libro era in prestito. Ho optato allora per la "Ferocia" di Nicola Lagioia, premio Strega nel 2015. Ma il romanzo non c'era proprio. Di Nicola Lagioia ho però trovato "Occidente per principianti", romanzo uscito nel 2004 e ambientato nel 2001. "Va beh!" Mi sono detto "Lo prendo". La scrittura di Lagioia è interessante, ma non la definirei propriamente scorrevole. E' capace di tenerti incollato a una pagina come se fossi stato spalmato di coccoina, mentre la pagina dopo hai più voglia di fare la fila in posta il giorno della consegna delle pensioni piuttosto che andare avanti nella lettura.