Una delle porte non aveva più la rete, ma pali e traversa erano ancora
al loro posto, l’altra porta, invece, era rovinata al suolo contorta su se
stessa. Assomigliava ad un gigantesco ragno aggrovigliato in una ragnatela di
corde.
Gli uomini schierati sulla linea bianca erano esausti. Già da un paio
d’ore erano costretti a stare in piedi, immobili, sotto la canicola. Molti
avevano gli occhi velati da un languore demente segno che non sarebbero
resistiti a lungo senza un provvidenziale soccorso.
Un vecchio si lasciò cadere, ma fu sorretto da un ragazzo e da un altro
uomo che lo incoraggiarono a resistere. Sulle tribune, deserte, fischiava un
vento che non avrebbe dovuto esserci in una giornata soleggiata. La desolazione
era totale. Uno striscione, lacero, era mezzo appeso alla balaustra che
divideva il primo ordine di gradinate dal secondo, frusciava penosamente. Sugli
spalti non si vedeva nessuno, eppure i confinati non osavano fare un solo
passo. Rimanevano inchiodati dov’erano.
Quei miserabili erano persone comuni: impiegati di banca, studenti,
avvocati, operai. Gente vestita in doppio petto griffato, o con tute da lavoro
sudice. C'era persino un uomo in livrea da portiere d’’hotel. Erano uomini
grassi, magri, in ottima forma, denutriti che si vedevano le ossa uscire dagli
stracci sdruciti. Tutti quanti, a dispetto del loro diverso apparire, avevano
compreso che quella linea, a quel punto, rappresentava un confine.
Come erano finite quelle persone di ogni età e status su quell’esile
tracciato? Nessuno era in grado di fornirne una spiegazione razionale. Erano
lì, senza potersi muovere, costretti ad obbedire ad un ordine di cose
invisibile quanto incomprensibile. La sera prima s’erano tutti addormentati nel
proprio letto, il risveglio era però stato traumatico.
Ovunque, a parte le rare incursioni della voce metallica, regnava un
pauroso silenzio, rotto soltanto dal lamento sommesso di qualche sfortunato che
proprio non reggeva più la tensione e la fatica.
Il cielo era offuscato dall’afa e da poche nuvole che si muovevano
lente sopra le teste disperate di quella miseria umana. Non un uccello, niente
che sorvolasse lo spazio aereo, forse dominio di fantasmi.
Una donna, l’unica, che indossava un abito a fiori e che portava con sé
una grande borsa di paglia dalla quale uscivano mazzi di prezzemolo e basilico e
gambi di sedano, s’avvicinò lentamente al vecchio che stava di nuovo per crollare.
Mezzo secolo prima, la donna, era stata una sposa bellissima. Proprio in quel
momento veniva dal mercato della piazza.
«Maria…Maria…Maria!» grido il vecchio. Poi cadde per non rialzarsi più.
«Fatelo scivolare oltre la linea» ordinò la voce metallica.
Il ragazzo, con le lacrime agli occhi sollevò il corpo del vecchio e
con estrema delicatezza lo fece rotolare al di là della striscia bianca. L’anziano
ebbe un fremito, si destò, poi andò incontro alla donna. Le prese la mano e
insieme a lei si allontanò verso l’ingresso degli spogliatoi, ma nessuno poté
vederlo, ciò che invece vedevano tutti era soltanto un mucchietto di stracci
abbandonato oltre la linea bianca di calcina.
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