mercoledì 25 novembre 2015

Marcos y Marcos ricorda lo scrittore Dan Fante, figlio del grande John Fante

Pensi che morire sia duro?
Morire non è una stronzata…
ma la parte difficile è vivere mentre si svolge la morte.
(da Angeli a pezzi di Dan Fante)

Dan Fante ci ha lasciati lunedì mattina, il 23 novembre.
Negli occhi rimane la sua ultima immagine: il sorriso largo come il suo bellissimo cappello da cowboy, lo sguardo acceso dietro gli occhiali tondi.
Nel cuore, la sua simpatia e generosità.
Fernanda Pivano ha definito i suoi romanzi ballate di amore e di morte, paragonandoli a quelli di Bukowski e di suo padre, John Fante.
Era nato a Los Angeles nel 1944.
Non è stato facile per lui confrontarsi con un gigante come suo padre e un pubblico diffidente, ma la sua scrittura e i suoi personaggi ruvidi, passionali e profondamente umani hanno lasciato il segno.
Dan Fante ci ha regalato Angeli a pezzi, Agganci e Buttarsi e attraverso la sua scrittura continueremo a ricordarlo.

Arrivederci Dan




La scomparsa di Dan Fante, da Il Corriere della Sera




domenica 22 novembre 2015

Pub (quarta e ultima parte)

Pagai quasi duecento euro per uscire dal locale. Salimmo sulla macchina di Lidia. Avevo preso la sua perché, quel giorno, Lidia era rientrata dopo di me e aveva parcheggiato il suo Golf Gti in garage dietro la mia Clio. Non avevo avuto voglia di spostare le auto e così avevo preso le chiavi della Volkswagen dalla mensola del tinello.

venerdì 13 novembre 2015

Me lo consigliano, ve lo consiglio

Vi prometto che lo leggerò e se mi piacerà lo recensirò. Ora vado sulla fiducia. Mi è stato consigliato e voglio fidarmi....


A Borgo Propizio va in scena la vita che, si sa, è fatta di cose belle e di cose brutte.
Cose belle il borgo ne ha tante da sfoggiare da quando è risorto a nuova vita, con il Castelluccio restaurato e le imbellettate case del contado, ora affacciate sull’elegante pavé a coda di pavone della piazza del Municipio, e con l’elettrizzante fermento culturale che si respira già fuori della cinta muraria e che sicuramente fa rodere il fegato a fior di città d’arte.
Ma un giorno qualcosa di molto brutto, un violento sisma, arriva inclemente a distruggere ampia parte del centro storico, gettando nella disperazione i propiziesi che tanto amano il loro paese. La villa del Comune sembra una scatola con il coperchio sfondato; il pavé è sprofondato quasi agli inferi; i lampioni, ora ciechi e senza luce, con le bocce frantumate, appaiono piegati alla catastrofe; le botteghe e le abitazioni sono squarciate, orri­bilmente.
Felice Rondinella, appassionato sindaco, vive l’immane disastro come un fallimento personale, e Padre Tobia si sente troppo stanco per portare il peso della croce. Perché non si tratta solo del terremoto: al borgo i peccati sono diventati incontenibili e le confessioni scandalo allo stato puro. Non si capisce più nulla, tutto è sottosopra.

L’unico fatto certo è che il professor Tranquillo Conforti trovato a terra nella Viottola Scura non ha avuto un infarto scappando via, spaventato dalle scosse, ma è stato ucciso. Un assassino a Borgo Propizio? La faccenda si complica…

giovedì 12 novembre 2015

Pub (parte terza)

Lidia prese la decisione definitiva di mandarmi via di casa quella mattina che mi vide scendere da un taxi vestito con abiti non miei. Indossavo una tuta da ginnastica orribile, tutta macchiata di grasso. Ero scalzo e avevo un occhio gonfio e livido. Dissi al tassista di attendere un momento che sarei andato dentro a prendere il denaro per risarcirlo della corsa. Aprii la porta che dava sul vialetto d’ingresso della villetta a schiera di Lidia e lei era lì ad aspettarmi. Si stringeva la mano sulla bocca e piangeva senza fare rumore. Era ancora in pigiama.  Le passai accanto senza dire niente. Tornai poco dopo con un paio di banconote da cinquanta euro, le porsi al tassista e attesi il resto. Guardai la Focus Berlina, di un bianco sporco, allontanarsi con la scritta fuori servizio incollata al display della cappotta. Non avevo il coraggio di rientrare. Lidia mi osservava smarrita da dietro la portafinestra, sentivo i suoi occhi su di me. Era come venire attraversato da fluidi ectoplasmatici, una sorta di melassa appiccicosa carica di afflizione e delusione. Mi sentivo una merda e mi dispiaceva far soffrire Lidia a quel modo. Posso giurarlo, mi dispiaceva davvero.

mercoledì 4 novembre 2015

Consigli che lasciano il tempo che trovano: "L'arte del saper scrivere"

C'era un professore di matematica che ogni volta che entrava in classe, dopo avere sbattuto il registro sulla cattedra, si girava verso la porta che aveva appena varcato, e lì, addossato contro il muro e pericolosamente sovrastato dall'attaccapanni, c'era il mio banco che era attaccato a un altro banco, occupato da un altro povero studente come me. Il professore sospirava, si toglieva gli occhiali, li puliva con cura e poi scuoteva la testa. Qualche volta, senza tanti complimenti, ci diceva che "eravamo braccia rubate all'agricoltura". Non lo diceva con cattiveria, il tono che usava era falsamente serio e per questa ragione non ho mai avuto motivo di sentirmi offeso.