Di solito i miei giorni liberi sono i lunedì sera. Da quelli non posso esimermi, se lo facessi, senza un valido motivo, verrei immediatamente fulminato da una saetta di Zeus, propiziata, in una danza divinatoria, da una tribù di nove individui in brachette corte e pettorine colorate.
Il lunedì sera è il giorno del
calcetto e guai a mancare. Persino con moglie al nono mese di gravidanza,
ripetuta per due volte, non ho saltato le sfide.
Ci si trova in un buco di
spogliatoio col pavimento già abbondantemente bagnato perché prima di noi è
passato qualcun altro che ha aperto le cataratte delle docce, ci si cambia in
fretta e si corre sul campo. È come quando eravamo bambini e si correva in cortile
a tirare due calci al pallone, solo che ora siamo un po’ più stempiati e il
pallone sembra che ce lo siamo mangiato.
Per poco meno di un’ora ci affrontiamo
a viso aperto cinque contro cinque: dribbling che non assomigliano neppure a un
virgola, colpi di calotta cranica più che di testa, tiri di punta che se ti sei
messo le scarpette rinforzate il pallone ti resta conficcato nel piede. Ci si
arrabatta sul campo, si suda, si litiga e si torna negli spogliatoi allagati a
parlare del calciomercato. Poi birretta e a casa.
In genere i miei lunedì di libera
uscita si svolgono in questo modo. Ma io sono un uomo, e a essere sincero anche
un po’ misogino.
Decisamente più interessanti sono
i “Martedì (in) libera uscita” di Viviana Bardella. O meglio i martedì che
l’autrice milanese racconta nel suo romanzo edito da Il Ciliegio. Sono gli
intimi e variegati martedì di quattro amiche ormai adulte che non hanno mai
smesso di frequentarsi e di condividere le proprie emozioni. Di dettare le
condizioni ai reciproci fidanzati o mariti o ex mariti fedifraghi tornati con
la coda tra le gambe. Ecco la differenza tra le libere uscite degli uomini e
quelle delle donne. A voler a tutti i costi generalizzare, gli uomini, al
massimo, se non giocano a calcetto, si ritrovano per ubriacarsi, ma non si
confidano. Le donne magari si ubriacano, ma raggiungono un grado di complicità
apparentemente più evoluto e per questo anche più pericoloso.
Nel suo libro Viviana Bardella
seziona e analizza proprio questo aspetto. L’amicizia al femminile, un
sentimento radicato e profondo scandagliato con il sonar dell’emotività.
Sara, Monica, Silvia e Antonella
sono quattro amiche che non hanno avuto bisogno di tagliarsi con un coltello da
moicano per stringere un patto di sangue. Incarnano quattro tipi di donna
differenti con alle spalle esperienze diverse. Sono giovani donne adulte che
ogni martedì sera mollano tutto per passare qualche ora insieme. Vanno a cena
fuori, al cinema, spesso stanno in casa di una delle quattro…
Sara è un madre single di due
gemelli. Il ricco marito s’è dato. È volato oltreoceano con la baby-sitter. Un
cliché. Lei s’arrabatta come può e come sa. Difende i figli dal dolore, non
rivelando loro che il padre è fuggito. Li preserva.
Monica, invece, è un madre e
moglie appagata. Ha tre figli. Vuole il quarto. Il marito l’accontenta. È la housewive per antonomasia, ma è anche,
almeno apparentemente, il pilatro portante del gruppo.
Antonella e Silvia si somigliano
un po’ di più. Entrambe donne in carriera, la prima avvocato in un grande e
prestigioso studio legale, la seconda marketing-manager in un’azienda
altrettanto importante. La prima dedita al lavoro, usa gli uomini, ma non pensa
a una relazione sentimentalmente stabile. La seconda alla perenne ricerca
dell’amore della sua vita all’interno del proprio mondo professionale.
Le quattro protagonista sono
anche la voce narrante dell’intero romanzo. Scritto in prima persona, ognuna
racconta in soggettiva la propria storia e ciò che pensa delle amiche. Per
quasi metà libro, le quattro si incontrano e sembra quasi che la loro amicizia
sia cosparsa di miele. Poi però le cose cambiano e le amiche, che da sempre
condividono tutto andando spesso oltre i limiti del buon senso, devono fare i
conti con questi cambiamenti.
Sara dovrà affrontare il ritorno
del suo ex marito che vorrà riavvicinarsi almeno ai figli. Antonella dovrà
occuparsi di un caso molto speciale e difendere lo scrittore più famoso del
momento dalla pesante accusa di uxoricidio. Silvia finirà a letto e s’innamorerà
perdutamente del suo nuovo capo; un affascinate e colto britannico che prima
dovrà passare le forche caudine delle amiche di lei. Infine Monica, in attesa del quarto genito
(sarà una bambina), rischia di mandare a monte un matrimonio perfetto e di
compromettere per sempre la relazione con le amiche a causa di un atteggiamento
infantile e miope.
In questo romanzo, che avrà un
finale a sorpresa, si ride e si piange, ma il regalo più grande che l’autrice
fa al lettore o lettrice che sia è la
sua capacità di andare oltre gli schemi. Di mettere sul tavolo i pregi e i
difetti dell’amicizia. Le quattro protagoniste, nel corso della storia, cambiano
pelle. Evolvono. Solo dopo essere passate per bui meandri infestati da
fantasmi, riusciranno a guardare la luce di un’amicizia che è diventata davvero
salda perché anche loro, individualmente, si sono corazzate liberandosi da
catene che non sapevano di dover spezzare.
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