martedì 13 ottobre 2015

Inutile Tentare Imprigionare Sogni: viaggio nell'Itis di Cristiano Cavina.

Nel novembre del 2014 frequentai un corso sull'editoria alla Marcos y Marcos di Milano. Fu lì che sentii parlare per la prima volta di Cristiano Cavina e dei suoi libri, pubblicati proprio da questa interessante casa editrice che ne aveva scoperto il talento letterario. Ciò che Claudia Tarolo, direttrice editoriale, raccontò a noi corsisti di questo autore, mi rimase impresso come quando ti sbucci un ginocchio e la cicatrice non va più via. Mi ripromisi di leggerlo, anche perché era come se avessi qualcosa in comune con lui, se non altro l'età anagrafica.
E' passato quasi un  anno e quel denominatore comune è stato confermato ora che ho letto per intero le 215 pagine di Itis, il cui acronimo, nell'interpretazione dell'autore, adombra, con un pizzico di poesia, quello più prosaico e tradizionale di Istituto Tecnico Industriale Statale.

ISTRUZIONE AMARCORD 
In questo romanzo, d'ambientazione scolastica, c'ho ritrovato il tempo trascorso all'Antonio Sant'Elia, dove negli stessi anni raccontati da Cavina nel libro, mi barcamenavo come un Creonti qualsiasi per cercare di portare a casa un dignitoso diploma di geometra. Anche se l'Itis Alberghetti di Cavina è quello di Imola ed è un corso per elettrotecnici, la fauna che popola i suoi corridoi di carta e inchiostro è la stessa che ha vissuto e si è estinta nei corridoi del vecchio edificio della scuola per geometri di via Carcano a Cantù: stessa tipologia di insegnanti (Corvagli aveva sempre l'aria rilassata, era il genere di personaggio che il giorno in cui finirà all'inferno troverà il modo di mettersi a suo agio pure l'aggiù); stessi studenti cannaioli (Il nome Maria aveva a che fare con quello che rollava nelle Rizla Gold); stessi vestiti (Su tutto regnava l'inseparabile montoncino marrone chiaro con il colletto di pelo d'agnello); stesse utopiche illusioni genitoriali (A Mamma Creonti, in realtà, non importava un fico secco di cosa volesse fare il suo unico Baldo Creonti. Era lei che stava frequentando la scuola, per interposta persona) persino gli stessi scioperi contro la guerra (Tutte le scuole avevano organizzato un mese prima un megasciopero contro non so bene quale guerra, e io ero stato l'unico a essermi presentato alle lezioni).

LA MALINCONIA DELLO SFIGATO
Creonti Baldo è arrivato indenne in terza superiore, ma neppure lui sa come ha fatto. E' un po' sfigato come lo siamo stati quasi tutti a sedici anni. Ma è anche dotato di un'ironia atomica dietro cui tenta di nascondere una vita da quartiere popolare: senza padre, con una madre che pulisce diecimila chilometri quadrati di pavimenti per mantenerlo e un Creonti Vecchio (il nonno) che s'è giocato la bottega da fruttivendolo a scala quaranta e reso traballante da un ictus. Eppure questo studente incapace di perseguire il suo obiettivo di diventare un genio del crimine e che ha piani B che fanno acqua da tutte le parti, alla fine di tante vicende che lo vedono più o meno direttamente coinvolto, saprà trovare la forza di riscattarsi, non tanto con una promozione insperata, che forse non arriverà, ma con la dignità di chi proprio non può far finta di essere chi non è. Quella dignità che se riesci a trovare a sedici anni forse ti resta attaccata anche tutto il resto della vita.

BIOGRAFIA DELL'AUTORE



  

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