martedì 17 maggio 2016

Al Salone internazionale del libro di Torino: "Tra libri, autori e qualche critica" di Ivan Bavuso

Al Salone internazionale del libro di Torino una moltitudine di gente ha affollato gli stand degli editori che, a centinaia, hanno occupato il Lingotto Fiere. Stand grandi e piccoli, allineati geometricamente secondo un ordine ben preciso. I più visibili e centrali erano i grandi editori: Feltrinelli, Mondadori, Rizzoli, Einaudi, Bompiani, Adelphi, Sellerio, poi venivano gli editori importanti e più di nicchia come Fandango, Minimum Fax, Marcos y Marcos, Neri Pozza, Bao, Marsiglio, ai margini i piccoli e i piccolissimi.
«È la Gardaland dei libri» ha sospirato una mia giovane amica che ha appena finito un master per diventare editor.
“Vero” ho pensato senza dirlo. Prima di esprimere un’opinione volevo entrare nel vivo della Fiera. Ci sono stato tre giorni: giovedì, venerdì, sabato. Ho curiosato e acquistato libri e con il pass da giornalista mi sono spinto fino alla Ibf, business area, dove le agenzie letterarie e gli editori di molti Paesi stipulavano nuovi contratti.
«Questa fiera è sempre più un carrozzone, messo insieme solo per fare soldi. Perché fanno pagare il biglietto d’ingresso? E perché la gente compra i libri dei grandi editori, quando potrebbe comprare gli stessi libri sotto casa?» Queste lapidarie considerazioni, che mi sono state rivolte da un responsabile editoriale di una piccola casa editrice, hanno da subito ridimensionato quell'euforia che rischiava di accecarmi. Eppure, stando ai giornali, quest’anno, il Salone internazionale del libro di Torino ha dovuto fare i conti con molte difficoltà economiche, per questo motivo è stata anche una delle edizioni con più inventiva. Sempre stando ai media, sembra che persino Ernesto Ferrero, direttore della Fiera, abbia lavorato gratuitamente.
Ho visto le file gonfiarsi come torrenti davanti all'ingresso della sale che avrebbero ospitato le conferenze di autori e intellettuali internazionali; file appena più grandi di quelle davanti ai bagni e ai chioschi della pizza al trancio e degli hot-dog. Mi sono sfilati a pochi passi: Alberto Angela, Pippo Baudo, Giovanni Allevi, David Riondino… Zerocalcare, allo stand dell’editore che ha pubblicato Kobane Calling, tra un firma copia e l’altro, messaggiava con lo smartphone: però forse aveva qualcosa di importante da comunicare.
.Ho seguito eventi professionali: quello della Kindle di Amazon che vorrebbe pubblicare in e-pub tutti i libri messi sul mercato italiano. Nel 2007, in Italia, Kindle poteva commercializzare 16.000 titoli, oggi ne vende 125.000. Numeri che sono cresciuti in maniera esponenziale, eppure il libro digitale non è in grado, e probabilmente non lo sarà per molto tempo ancora, di soppiantare il libro di carta.

Ho assistito all'incontro con Boualem Sansal, scrittore algerino che ha pubblicato l’anno scorso con Galimard un romanzo distopico che ha fatto molto discutere e che Neri Pozza ha portato in Italia e presentato proprio al Salone del libro. Il romanzo è 2084 la fine del mondo. L’evidente richiamo a quel 1984 di Orwell non è per niente casuale. Boualem, difensore della laicità e della libertà di pensiero, ha scritto un romanzo nel quale il suo protagonista cerca disperatamente di fuggire da una feroce teocrazia totalitaria che ha preso il sopravvento e che ha annichilito l’uomo fino a ridurlo a un essere privo di coscienza critica. Accusato di islamofobia, Boualem tira dritto per la sua strada e non sembra curarsi del rischio che ciò che dice possa essere strumentalizzato.
Mi è capitato poi di passare davanti al padiglione Rai dove stavano registrando una puntata di Pane quotidiano e di intravedere Concita De Gregorio che intervistava il premio Nobel per la pace Shirin Ebadi che ha pubblicato per Bompiani Finché non saremo liberi, con lei anche il saggista Enzo Bianchi fondatore della comunità monastica di Bose. 
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando è stato invece ospite dell’incontro in cui il professor Isaia Sales ha presentato il suo ultimo lavoro intitolato Storia dell’Italia mafiosa – perché le mafiehanno avuto successo. Libro pubblicato da Rubettino. Relatore l’ex magistrato Gian Carlo Caselli.
«Le mafie hanno capito che non devono attaccare frontalmente lo Stato, perché la Storia ha dimostrato che ogni volta che ci si mette contro la classe dirigente si è sconfitti. Nel mio paese, quando ero bambino, un parlamentare ha fatto affiggere un manifesto funebre con la scritta “Se n’è andato un grande uomo” e il vescovo ha celebrato il funerale di questo grande uomo. Mio padre mi diceva che quell’uomo aveva ucciso delle persone e io mi chiedevo: ma come è possibile che un uomo che ha ucciso venga celebrato così?» Sono bastate queste parole dell’autore per riassumere il messaggio di un saggio ricco di informazioni e scritto con un linguaggio scorrevole.
Mentre mi accingevo a uscire dal Salone, Roberto Saviano si chiudeva nella sala gialla assediata dalla folla per raccontare i dieci anni di Gomorra. Lui entrava a parlare del tanto che ha fatto con un libro le cui vendite iniziali non erano state esaltanti, ma che poi i lettori hanno consacrato all'Olimpo dei libri più venduti nel decennio, e io uscivo dal Salone di Torino col poco che ho visto e il desiderio di vedere e sentire ancora. 




  

 

  



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