mercoledì 4 novembre 2015

Consigli che lasciano il tempo che trovano: "L'arte del saper scrivere"

C'era un professore di matematica che ogni volta che entrava in classe, dopo avere sbattuto il registro sulla cattedra, si girava verso la porta che aveva appena varcato, e lì, addossato contro il muro e pericolosamente sovrastato dall'attaccapanni, c'era il mio banco che era attaccato a un altro banco, occupato da un altro povero studente come me. Il professore sospirava, si toglieva gli occhiali, li puliva con cura e poi scuoteva la testa. Qualche volta, senza tanti complimenti, ci diceva che "eravamo braccia rubate all'agricoltura". Non lo diceva con cattiveria, il tono che usava era falsamente serio e per questa ragione non ho mai avuto motivo di sentirmi offeso.
E poi, un po', il professore aveva ragione. Perché sudare sui libri di algebra, se quello che c'era dentro ci appariva come le incisioni geroglifiche di una civiltà sconosciuta il cui codice non era ancora stato decifrato? Semplicemente perché per prendere uno straccio di diploma bisognava passare anche dal dedalo della matematica. Il professore lo sapeva e anche se sbuffava, alla fine dell'anno ci aiutava sempre.
La morale, piuttosto scontata, è che per riuscire bene in qualsiasi attività che intraprendiamo, dobbiamo impegnarci a fondo.
Questo vale anche per la scrittura. Chi scrive sa che prima dovrà leggere un'infinità di libri per avere dei modelli di riferimento, dovrà scrivere centinaia e centinaia di pagine prima di affinare uno stile. Dovrà sottoporsi alla ferocia di una critica disinteressata. Dovrà curare i dettagli all'infinito, consapevole che non raggiungerà mai la perfezione. Dovrà imparare a essere il primo censore di se stesso. 
La scrittura è una forma di comunicazione estremamente democratica. Tutti vi possono accedere ammesso che abbiano frequentato almeno le scuole dell'obbligo. Eppure è anche estremamente sfaccettata. Ad esempio, un testo può essere scritto male, ma essere dotato di una grande forza che chi se ne frega se una frase risulta difettosa per costruzione sintattica o per qualche scivolone sull'ortografia. Al contrario un testo può essere formalmente pulito e persino virtuosamente redatto, ma essere di una noia che "sparami, ti prego, prima della fine".
In generale è bene riuscire a trovare un giusto equilibrio. Hemingway sosteneva che, prima di tutto, bisogna avere una storia da raccontare, poi viene il tempo delle limature. Io dico che bisogna anche saperle raccontare le storie. Ad ogni modo sono convinto si possa imparare sia a individuare una storia sia a confezionarla. Non sto dicendo che il talento non sia di aiuto, sto dicendo che chiunque ami dilettarsi con questa forma di espressione può provare a farlo con risultati dignitosi. Deve però sapere che, come ogni pratica dell'intelletto umano, ci vuole abnegazione, spirito di sacrificio e la giusta umiltà. E questo vale davvero per tutti, sottoscritto compreso.

   
 

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